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    Milano, 28-11-2022

    Intervista – Governo, manca ancora una strategia mentre alcuni Stati speculano

    Mentre l’Ue propone un price cap poco utile, il Governo italiano non risolve il problema del caro energia e incombono nuovi rischi

    Oggi è in programma il vertice dei ministri dell’Energia dell’Ue per discutere la proposta della Commissione europea relativa al price cap sul gas. L’idea, per evitare i picchi raggiunti la scorsa estate sopra i 300 euro/MWh, è quella di fare in modo che il meccanismo scatti all’avverarsi di due condizioni: il Ttf deve superare per almeno due settimane i 275 euro/MWh; tale livello deve anche essere superiore di almeno 58 euro, e per almeno 10 giorni, all’indice di riferimento del GNL. Il tutto mentre Gazprom minaccia di ridurre i flussi di gas verso l’Europa che transitano dall’Ucraina, accusata dal colosso russo di trattenere quantitativi destinati alla Moldavia. Come se non bastasse, nelle ultime ore si è verificato un problema nei flussi provenienti dalla Libia. Come ci spiega Michele Marsiglia, presidente di FederPetroli Italia, infatti, “martedì si era parlato di un intervento di manutenzione non programmata al terminale di Mellitah che avrebbe comportato una riduzione significativa con possibile azzeramento dei flussi di gas verso il nostro Paese”.

    Si sa qualcosa sul tipo di problema che si è verificato e sui tempi per risolverlo?

    Ho appreso oggi  da una fonte libica che c’è stato un problema tecnico ad alcuni scambiatori di calore e i flussi ritorneranno regolari nei prossimi giorni.

    Dunque, pericolo scampato.

    Già in passato c’erano stati problemi sui flussi dalla Libia, dovuti anche ad assedi di miliziani o proteste armate. Questo deve farci comprendere che anche quel poco che arriva dalla Libia non può essere dato per sicuro sempre. E a questo proposito va anche evidenziato che il tema migranti va affrontato con accortezza: bisogna fare attenzione a non incrinare i rapporti con i Paesi fornitori.

    Intanto i timori che Gazprom possa fermare quel poco di gas che arriva in Europa hanno fatto salire ancora il Ttf sopra i 120 euro/MWh…

    Se quel poco che arriva dalla Russia (il 15% dell’import totale europeo) riesce ancora a influenzare tanto l’approvvigionamento dell’Ue, vuol dire che c’è ancora un grande problema.

    Anche per questo arriva la proposta della Commissione europea sul price cap. Si parla di un prezzo molto più alto dell’attuale. Vuol dire che si pensa che torni ai livelli di quest’estate, sopra i 300 euro/MWh?

    Secondo noi, a meno di accadimenti particolari, no, perché il mercato ha vissuto una fase di assestamento. Dovrebbero verificarsi situazioni politiche, economiche e belliche particolari per vedere tornare il prezzo ai quei livelli.

    Vuol dire allora che si sta proponendo un price cap sapendo che in situazioni di “normalità” non verrà mai applicato?

    Personalmente ritengo sia un price cap fatto per accontentare qualche Stato europeo che lo voleva, ma è assolutamente insignificante in questo contesto. Forse non si è capito che il prezzo attuale è già alto e per essere “accettabile” dovrebbe tornare verso i 50 euro/MWh. In ogni caso mi sembra anche che viste le condizioni poste il price cap ipotizzato difficilmente potrà essere applicato. Non si capisce nemmeno quale sia l’indice di riferimento per il GNL che dovrebbe essere utilizzato.

    Sembra ci sia il rischio che non si arrivi a un accordo tra i Paesi membri nemmeno su questo price cap.

    Se non passerà neanche questo price cap ridicolo bisognerà chiedersi come mai. Perché un tetto così alto dà fastidio? Evidentemente qualche Stato pensa che il prezzo salirà ancora ai livelli di questa estate e non lo ritiene un problema. Forse è d’accordo con la speculazione.

    Oltre al price cap, sono mesi che in Europa si discute del problema energetico, ma sembra non ci sia alcuna strategia per risolverlo.

    In questo momento la strategia energetica europea è inesistente. Ci sono tante proposte, ma non vengono prese vere decisioni. C’è solo la volontà, che gli Stati membri e le aziende energetiche stanno osservando, per arrivare a stabilire una sorta di solidarietà per acquisti congiunti. In realtà, si tratterebbe di aiuti tra Stati, con ciascuno che continuerebbe a gestire autonomamente la propria politica energetica come sta avvenendo da mesi.

    A proposito delle politiche energetiche dei singoli Stati, il nuovo Governo italiano, a parte l’apertura sulle trivelle, non sembra aver cambiato molto rispetto alla situazione precedente. È così?

    Non sappiamo se essere contenti o, al contrario, intristiti. Da una parte, infatti, c’è stata questa apertura sulle trivelle, ma bisognerà capire ancora molti importanti dettagli in merito, come ho spiegato in una precedente intervista. Dall’altra parte, il Governo aveva promesso aiuti contro il caro energia, ma abbiamo scoperto che lo sconto sui carburanti verrà ridotto da dicembre. E questo non è certamente un aiuto per i consumatori e l’economia contro il caro energia. Forse si è visto che le risorse che si pensava di avere a disposizione durante la campagna elettorale in realtà non ci sono, fatto sta che la riduzione dello sconto, da 30 a 18 centesimi, è piuttosto importante. E metterà in difficoltà anche le compagnie petrolifere.

    Perché?

    Nel momento in cui i prezzi dei carburanti saliranno, i cittadini se la prenderanno con loro. Nel frattempo, grazie all’aumento al 35% dell’imposta sugli extraprofitti, lo Stato incasserà di più. Dunque, contro il caro energia non vediamo mosse particolari da parte del Governo: ci aspettavamo qualcosa di immediato per alleviare il dolore di consumatori e imprese.

    Beh, è stato esteso il bonus sociale per le bollette…

    Sì, ma si tratta di un intervento rivolto ancora a una percentuale ridotta della popolazione, vista la soglia Isee di 15.000 euro.

    Per le imprese, invece, c’è un aumento dei crediti d’imposta.

    Poca roba. Le aziende non hanno i soldi per pagare le bollette e il credito di imposta non risolve questo problema. Mi sembra manchi una strategia per gestire la crisi.

    In questo senso c’è anche da dire che le misure contro il caro energia, che assorbono 21 miliardi nella Legge di bilancio, durano solo per i primi tre mesi del 2023. Visti i flussi di gas che rischiano di mancare, se la crisi dovesse permanere bisognerà cercare nuove risorse per nuovi interventi.

    Secondo me, il Governo sta facendo affidamento su eventi che potrebbero avverarsi all’inizio dell’anno nuovo, da cambiamenti nel quadro internazionale a passi avanti sui rigassificatori. Si tratta, però, di una scommessa rischiosa. Siamo, infatti, ancora in piena crisi energetica, ed è quindi veramente difficile capire quello che può succedere da qui a uno-due mesi. Nessuno sta poi parlando del prezzo del petrolio.

    Si corrono dei rischi su questo fronte?

    Sappiamo che l’Opec non aumenterà la produzione e non è da escludere che la riduca per far salire il prezzo. Molto dipenderà anche dall’andamento di quello del gas. I principali Paesi produttori, infatti, spesso lo sono di tutti gli idrocarburi: nel momento in cui avranno minori introiti dal gas cercheranno di averli dal petrolio.

    A proposito di petrolio, in Italia resta ancora incerto il futuro dell’Isab di Priolo, posseduta dalla russa Lukoil.

    Si stanno facendo diverse riunioni, ma non si sa come finirà. C’è il serio rischio che l’impianto chiuda. E ci sono oltre 10mila posti di lavoro in gioco, considerando l’indotto.

    Si parla di possibile nazionalizzazione della raffineria.

    Sì, anche se va ricordato che lì vicino, ad Augusta, ce n’è una di Sonatrach. Chissà che non possa esserci il gruppo algerino nel futuro dell’Isab.

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